Continua il nostro percorso alla scoperta delle figure chiave della musica dance Italiana: l’ultima volta Federico Cirillo –  Dance Dept. Manager di Universal Music Italia e Nameless Records, nonchè membro della produzione di Nameless Music Festival – ci ha raccontato il suo percorso e il suo punto di vista riguardante l’attuale situazione della scena nostrana.

Restando sempre in tema festival culture legata sempre al Bel Paese; questa volta passiamo ad un altro giovane, ma importante evento che è diventato ormai parte del calendario di ogni clubber/raver che si rispetti: Reload Music Festival. Se nella scorsa puntata della nostra rubrica #yBDiaries abbiamo avuto modo di raccontarvi la nostra esperienza e i nostri pareri legati al grande cambiamento messo in atto per l’ultima edizione del festival; a passare questa volta su youBEAT è Mario D’Eliso, direttore artistico e responsabile di produzione del festival, che ci ha raccontato l’origine, l’evoluzione e il cambiamento di Reload Music Festival nel corso degli ultimi quattro anni.

The crowd of RMF18
The crowd of RMF18
youBEAT) Ciao Mario! Volevamo aprire quest’intervista con una domanda molto semplice: come è nato e come si è sviluppato il progetto Reload? Cosa vi ha portato a creare un nuovo evento di questa portata, considerando soprattutto che in Italia non è solito vedere kermesse di questo tipo?

Mario D’Eliso) Ciao ragazzi! Iniziamo dicendo che Reload si può definire il prosieguo naturale di Today Live, un format avviato circa 5 anni fa che, in 10 eventi, ci ha permesso di portare nei club di Torino alcuni degli artisti più importanti della scena EDM, tra cui Dubvision, Will Sparks e Firebeatz. L’esperienza e il know-how accumulato attraverso Today Live ci ha così permesso di poter sviluppare qualcosa di nuovo per la nostra città, ovvero Reload Music Festival.

La prima edizione del festival si è incentrata principalmente su un unico guest, i DVBBS; mentre dalla seconda abbiamo cercato di allargare la visione dell’evento, passando dagli 8 ai 12 artisti per edizione e spaziando da nomi più mainstream a generi più di nicchia, come trap, dubstep e hardstyle; quest’ultimo rivelatosi molto importante per il nostro pubblico.

Today Live
Today Live
yB) Ci potresti raccontare cosa vi ha spinto ad uscire da una realtà prettamente legata al club e vi ha portato ad immergervi in un ambiente di fascia più alta, legata alla festival scene?

M) In realtà abbiamo sempre avuto questo obiettivo: portando artisti provenienti dalla scena EDM internazionale, abbiamo sempre cercato di guardare ed ispirarci agli eventi Europei ed internazionali. Al di là di questo però, devo ammettere che vedere questo ambiente da fuori semplicizzava notevolmente tutti quei fattori e quelle dinamiche che non riesci a vedere mentre “stai sognando”. Quando arrivi però a scontrarti con la realtà, ti rendi conto che ci sono numerosissimi dettagli e sfaccettature dietro alla realizzazione di eventi di questo tipo.

yB) Negli ultimi anni, la città di Torino è vanto italiano nel mondo per la presenza di grossi eventi musicali quali Kappa Futur Festival e Movement. Ci sono state difficoltà nel portare musica molto in contrasto con i generi legati a questi ultimi eventi, per quanto si possano comunque considerare sottogeneri dell’EDM?

M) La fortuna vuole che Torino, oltre ad essere patria della musica Techno, è da sempre legata anche al movimento Hardstyle. Per quanto riguarda i due eventi che mi hai citato, posso dirti che siamo in buonissimi rapporti con gli organizzatori di entrambi e ti confesso di aver sempre guardato con notevole ammirazione il loro percorso: da sempre lo considero un continuo obiettivo da raggiungere e stiamo lavorando molto al fine di farcela, pur sempre rispettando il nostro percorso musicale. Tornando all’hardstyle, con la terza edizione di Reload abbiamo scommesso su questo genere, da sempre legato alla nostra città e possiamo dire sia stata una scelta azzeccata. Ad oggi possiamo considerarci un festival con influenze hard dance, che all’interno del panorama EDM italiano va posizionarsi tra gli eventi più mainstream e quelli di matrice più underground.

Reload Music Festival 2017
Reload Music Festival 2017
yB) Escludendo temporaneamente l’hard dance, la lineup da voi proposta è un giusto compromesso tra artisti mainstream e artisti più di nicchia, che vanno a coprire generi che difficilmente piacciono al grande pubblico. Cosa vi ha spinto a seguire questo percorso?

M) La prima edizione di Reload, nel 2015, ha visto i DVBBS come unico grande nome di richiamo per il pubblico. Più che un festival però, possiamo dire sia stato un evento-concerto incentrato proprio su questi ultimi. A partire dall’edizione successiva invece, abbiamo cercato di investire molto sulla realizzazione di un evento che assumesse sempre di più i connotati di un One Day Festival. Lo scopo è stato quello di cercare di proporre nomi di calibro più underground che ampliassero però la proposta musicale e al contempo, lavorato molto sul brand e sull’experience del festival. Ad oggi posso confermare che è anche grazie all’intenso lavoro di 4 anni se siamo riusciti a proporre una lineup molto variegata, in grado di attirare a Torino persone provenienti da diverse parti d’Italia, e non solo: quest’anno abbiamo registrato quasi un migliaio di ravers provenienti da tutta Europa e circa un centinaio dall’America – e di questo ne siamo molto fieri, vuol dire che stiamo andando verso la direzione giusta.

yB) A proposito di brand ed experience legati al festival: possiamo considerarli fattori importanti nella realizzazione di un evento come il vostro?

M) Secondo me sì, l’experience è uno dei primi fattori che fa percepire gli sforzi e gli investimenti che un promoter, o il gruppo complessivo sta facendo, con il fine unico di soddisfare ed andare incontro al suo pubblico. Dietro a questo punto, possiamo trovare tantissime piccole sfaccettature su cui è necessario investire e lavorare, per far sì che l’evento venga ricordato e di conseguenza, espanderne la sua popolarità. Un esempio che posso farvi è tutto il lavoro che sta dietro alla gestione della sicurezza, tante volte poco “compreso” dal pubblico, ma atto a cercare di rendere l’evento il più sicuro e privo di rischi possibili. Io, come molti altri colleghi/promoter italiani, stiamo cercando di lavorare il più possibile su questo punto, con lo scopo di migliorare il prodotto che verrà poi venduto. Lo stesso discorso è applicabilissimo al brand dell’evento: più viene sviluppato nel tempo, più si dà l’idea di quanto si è disposti a lavorare nella propria realtà.

RMF16: Brennan Heart & Carnage
RMF16: Brennan Heart & Carnage
yB) Dietro alla grande macchina del festival, abbiamo visto un team molto giovane e dinamico. Puoi raccontarci come è composta la vostra squadra? Provenite tutti dall’ambito festival e club?

M) Il team che segue la produzione del festival è composto principalmente da 6 persone, ognuna attiva con un ruolo specifico nell’organizzazione. Ad esse, dobbiamo poi aggiungere le numerose persone che in quattro anni sono entrate nella nostra squadra, creando così un gruppo molto affiatato ed in grado di seguire settori specifici, dalla logistica al Food&Beverage, dalla comunicazione alle pubbliche relazioni fino ad arrivare a coprire tutte le mansioni necessarie a far funzionare il festival. Siamo quasi tutte persone giovani provenienti dalla realtà club di Torino e dell’hinterland, le quali durante il resto dell’anno portano avanti altri progetti, parallelamente a quanto svolto con Reload. È proprio grazie al rapporto creatosi lavorando al festival che si è creata una sorta di solidarietà imprenditoriale: cercando – tra di noi – di aiutarci l’un l’altro, proviamo a far funzionare la club scene torinese al meglio.

yB) Quali sono le principali difficoltà a cui si va incontro nella creazione di un evento di questa portata?

M) Non nascondo che le difficoltà in fase di produzione sono veramente molte, quest’anno in particolar modo. Dopo quanto è accaduto durante la scorsa edizione del festival – penso sia doveroso l’assumerci un minimo di responsabilità riguardo ai fatti accaduti durante RMF17 – e a quanto accaduto lo scorso giugno in piazza San Carlo (finale di Champions League, ndr), è stato necessario lavorare moltissimo per la buona riuscita dell’evento. Dopo tali fatti, le norme varate per la pubblica sicurezza sono state veramente molto stringenti, come è giusto che sia, e questo ci ha portato a diverse difficoltà, tra cui modifiche richiesteci a soli tre giorni dalla manifestazione. Non siamo stati mai contrariati a pro della sicurezza, ne ci siamo sottratti; Quest’anno, per noi, era importante per riconquistare la fiducia di tutte le istituzioni e dei nostri ravers, quindi a testa bassa – seppur con fatica – abbiamo realizzato quasi l’irrealizzabile in questi 3 giorni di fuoco.

yB) Come è stato suddiviso il lavoro di produzione nell’anno passato tra la terza edizione e quella di quest’anno? A livello tecnico, quando nasce effettivamente il main stage del festival?

M) Ammetto che dopo quanto è successo durante la scorsa edizione, la mattina successiva al festival mi sono sentito un po’ abbattuto. Tutto questo però, mi è servito da spinta per porre rimedio agli errori commessi e cercare di produrre al meglio l’edizione successiva.

Aldilà della line up che avevamo già in mente da diverso tempo – eccetto un artista che non siamo riuscire a portare per motivi di tournée – abbiamo cercato di metterci in gioco, mettendoci la faccia, per trovare soluzioni a tutto quello che fino ad allora avevamo mancato, con lo scopo di creare un nuovo grande Reload. Fin da subito, abbiamo cercato di riprodurre i locker per ovviare ai problemi del guardaroba e lavorato molto sulla comunicazione, molto d’aiuto nel risollevarci a seguito dei malcontenti post RMF17.

Per quanto riguarda il main stage invece, ringrazio vivamente Andrea Moi di AMOI Production, che è stato al mio fianco nella fase di design del palco e si è occupato di progettare interamente tutta l’infrastruttura audio, video e luci, realizzando quello che poi viene presentato al grande pubblico. Oggetto di grandi migliorie a livello tecnico apportate durante l’anno è stato l’impianto audio, la cui potenza è stata notevolmente aumentata rispetto alle precedenti edizioni. Come piccola curiosità, vi basti pensare che ne è stato utilizzato solo il 25% della capacità disponibile (la notte prima, durante le prove, guardando Andrea soddisfatto mi sono spaventato della potenza audio che mi ha investito, ovviamente in positivo).
Per terminare e riassumere, fino alla fine dell’evento 2017, ho sempre e solo curato tutt’altro in Reload (palco, artisti, audio&service e pubbliche relazioni), ma l’amore che provo per questo progetto mi ha spinto a metterci la faccia e buttarmi a capofitto sulle problematiche intercosse nel 2017, risolvendole – penso e spero – per i nostri ravers, egregiamente. Durante l’evento ho avuto anche il tempo di guardare con occhio critico il nostro Festival ed ho trascritto molte modifiche d’apportare ancora, che prenderò in carico personalmente per l’edizione del 2019.


youBEAT ringrazia Mario D’Eliso per la disponibilità concessaci nel rilasciarci la presente intervista

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Tecnico informatico di professione, plur addicted and raver per passione.

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