Dopo mesi di attesa dalla presentazione alla Festa del Cinema di Roma dell’Ottobre 2020, abbiamo approfittato dei pochissimi giorni di proiezione per vedere e raccontarvi finalmente il docufilm acclamato dalla critica e dagli appassionati.

Sono stato tra i fortunati che si è prenotato in una delle circa 40 sale cinema prescelte per vedere il docufilm DISCO RUIN. Siamo in pieno Caronte estivo ma il film è tuttora 8 al Box Office, lo spettatore medio che ha condiviso con me l’esperienza è affamato di ricordi raccontati da amici più grandi e attanagliato dalla nostalgia di rivivere sul grande schermo i fasti delle notti storiche del  clubbing italiano, solo in parte vissute in prima persona. Nelle prossime righe cercherò di raccontarvi le emozioni  ed il ricco refresh culturale che DISCO RUIN mi ha trasmesso in 115 minuti, mi sforzerò di non spoilerare troppo ma di stimolare la curiosità dei più giovani e le belle sensazioni degli amanti del clubbing che a settembre potranno rivedere su SkyArte il film prodotto da MSGM e K+ con il sostegno di EMILIA ROMAGNA FILM COMMISSION, VENETO FILM COMMISSION FILM, COMMISSION TORINO PIEMONTE e RADIO M2O.

E’ giusto che chi immagina che questo sia un prodotto per i fanatici del ballo e della musica elettronica e chi di conseguenza bollerebbe questa recensione come tale, dovrebbe assolutamente sedersi senza distrazioni social alla mano e guardarlo con attenzione proprio per smontare gli stereotipi bigotti che da sempre avvolgono l’argomento notte, musica e feste; ne trarrà un bagaglio culturale e storico importante nonché un certo patriottismo. Lo spettatore sarà fiero di aver conosciuto aneddoti di luoghi e momenti in cui sono nati fucine di talenti, si sono incontrati mondi radicalmente opposti e dove la creatività è esplosa quasi sempre in maniera positiva.

L’architetto LISA BOSI e la regista FRANCESCA ZERBETTO più che direttrici sono state due Dj’s che anche grazie all’ottimo montaggio di STEFANIA ALBERTI hanno saputo mixare aree geografiche, tempi storici e personaggi diversi con stile miscelato all’ordine e al gusto. Lo hanno fatto  creando sapientemente un filo logico coinvolgente proprio come quando un dj coinvolge il pubblico in un crescendo di ritmo ed emozioni, sfruttando la potenza comunicativa dell’interpretazione dell’attrice ONDINA QUADRI che si muove durante il fil rouge di immagini scure e misteriose scelte dalla fotografia di SALVO LUCCHESE, istantanee tipiche del fascino subdolo e affascinante della notte.

Come evidenziato in locandina, DISCO RUIN raccoglie 40 anni di anni di club culture italiana dalla nascita ai fasti per finire purtroppo alla “RUIN”, rovina figlia di numerosi fattori concatenati e conseguenti. Il racconto è la cronaca imparziale testimoniata dagli attori protagonisti che questa storia l’hanno scritta e scolpita, recitandola come una vita parallela vissuta intensamente e a volte inconsapevolmente come qualcuno di loro ha detto. Dagli anni ‘60 ai ‘90, il viaggio visionario nelle cattedrali del divertimento.

Il film parte proprio con l’immagine ormai più conosciuta sull’argomento, quella di una sfera stroboscopica caduta, danneggiata e abbandonata nelle erbacce in quella che era la pista principale di una delle “astronavi della notte” più belle e famose ormai abbandonate da anni, la disco ruin per eccellenza: L’ULTIMO IMPERO, la triste panoramica sulle sue rovine fatiscenti (almeno esistenti visto che per altre discoteche epiche è toccata addirittura la demolizione) inizia ad alternarsi con flash di momenti di sana e sfrenata aggregazione e immagini dell’attrice tormentate dalla notte. La prima nota degna di lode è la scelta della voce di sottofondo che recita gli aforismi più belli tratti dal romanzo d’esordio FLUO della scrittrice riccionese ISABELLA SANTACROCE, il romanzo infatti parla proprio di  una diciassettenne, che vive a Riccione e che durante le vacanze estive si mette in mostra nella vita notturna della sua città che gravita attorno a viale Ceccarini, assieme ai suoi amici vivendo esperienze al limite.

“La dedico a tutte le anime succhiate da una luna bastarda e a tutte quelle teste che il ritmo acido della vita avrà fatto saltare prima del tempo.”

Alcune delle discoteche italiane sono state considerate per gli architetti riferimenti stilistici di progettazione e design da riutilizzare anche in altri ambiti, spesso sono state avanguardia di architettura radicale da imitare e rivendere per la fruizione di spazi inutilizzati della provincia italiana; ed infatti la prima testimonianza chiamata in causa è quella dell’architetto UGO LA PIETRA che ha progettato molti di questi spazi epici e che da altri suoi illustri colleghi è stato seguito.

Mentre gli archivi video propongono l’evoluzione del costume italiano la mia attenzione è presa dallo studio del quadro psicologico del dancer che rivela scientificamente quanto musica ed il ballo come conseguenza di essa possano creare uno stato alterato di coscienza delle persone, limitando i freni inibitori e fomentando l’estro e l’empatia con gli altri.

Intanto la storia è partita, siamo al PIPER di Peppe Farnetti a Roma aperto nel 1965, locale così riuscito da aver subito nel 1966 un PIPER clone nella cupa Torino, progettualmente futuristico per la presenza di rotaie al tetto che oltre ad arredare lasciavano scorrere i carrelli con le luci e i diffusori. La giostra è partita prendendo velocità infatti 1967 nasce L’ALTRO MONDO a Rimini nel 1968 il BANG BANG  a Milano ( con la funzione principale di contorno ad un grande distributore di abbigliamento infatti la disco era contornata da capsule in vetro dentro le quali salivano e scendevano abiti); e nel 1969 tocca a Firenze raccogliere principalmente hippies allo SPACE ELECTRONIC costruito con materiali di scarto riciclati manualmente in maniera dozzinale.

Questo primo decennio le discoteche sono perlopiù balere e luoghi di incontro per persone di persone di ogni ceto sociale e rango senza grosse distinzioni di età, il teatro lascia sempre più spazio alla musica che è suonata principalmente dalle orchestrine ed è musica popolare italiana alternata a qualche raro  twist importato da qualche emigrante di ritorno da oltreoceano. L’evoluzione inizia dagli anni ’70 grazie a qualche direttore artistico curioso e coraggioso che tornando da viaggi itineranti oltre confine riporta con se esperienze  dischi e qualche disc jokey scommettendo sulle sue esibizioni in locali di proprietà. Si inizia primordialmente a scommettere sullo stile sulla personalità e su suoni nuovi; le orchestre lasceranno spazio ai “mettidisco” quelli che impareranno a capire dal solco del vinile dove far cadere la puntina per suonare le melodie e quando invece sfruttare i solchi più scuri perchè portatori di elementi vocali e cantati.

Arriva così la discomusic americana delle etichette come la celebre Motown e nel 1975 a Gabicce Mare sorge la BAIA DEGLI ANGELI, un locale di 3000 mq su 2 piani vista mare logo rappresentativo e semplice, nasce in Italia quello che sarà esportato poi in tutto il mondo come business della notte: suonano BOB & TOM, il logo è sul merchandising persino delle scatolette delle sardine. Gianni Andreatta, proprietario del Grand Hotel di Riccione, imposta il primo modello di direzione artistica strutturata dalla direzione ai pr, intrecciata con le radio; essa è responsabile dell’intera stagione festaiola estiva in riviera e si muove in carovana dall’hotel ai bagni durante il giorno ed esplode la notte nelle disco fino all’alba proclamando slogan edonistici .

“Da noi ascolti la musica che ascolterai anche nelle altre discoteche, fra 12 mesi”

Questo modello imprenditoriale ed artistico all’epoca nato per caso, è tutt’oggi il riferimento in tutto lo stivale ma soprattutto è stato esportato in tutti i principali luoghi di divertimento, le tanto osannate IBIZA-MANCHESTER-AMSTERDAM o BERLINO e dir si voglia hanno imparato da noi, non sono altro che occasioni perse all’italiana, avanguardia artistica e imprenditoriale esportata per mancanza di risorse al punto di snaturarsi e perdere di identità.

Prima parentesi rammarico chiusa, la narrazione del film avanza intanto intervallata dalle parole intrecciate da grazia e bellezza di PIER VITTORIO TONDELLI in Rimini e Altri libertini a fare da filo narrativo poetico in voice over, una scelta tanto bella quanto efficace. I costumi nazionali continuano ad evolversi nel paese che si avvia a vivere il boom economico, le discoteche continuano ad essere luoghi di mescolanze sociali dove si incontrano senza filtri architetti e stilisti, politici e cantanti, artisti e sportivi, modelle e attrici, Jean Paul Gaultier ed Andy Wharol per citarne 2 a caso; nascono le radio come RADIO MILANO INTERNATIONAL 101 culla di Cecchetto, Gerry Scotti, Linus e Albertino. Proprio Alba definisce la generazione di addetti ai lavori di questa epoca come la generazione REAL rispetto ai modelli seguiti dagli adolescenti contemporanei.

Siamo nel 1980 e proprio a Milano ha vita dalla mente dell’art director NICOLA GUIDUCCI (grande amico dello stilista Fiorucci) il PLASTIC ed è il momento in cui si mettono le basi della Milano dell’alta moda e della “Milano da Bere”.

Le testimonianze a questo punto del film si susseguono più cariche e frenetiche così come il decennio che raccontano, la supernova sta per godere del suo massimo splendore ed emettere il massimo effetto della sua scia luminosa con tutti gli effetti collaterali del caso. I nomi più in voga dell’epoca saranno Daniele Baldelli e Mozart per molti dj’s veri innovatori sull’intrattenimento dalla consolle, ben presto l’ easy popper (una sostanza dall’ effetto sessualmente eccitante)  lascia spazio alle prime droghe sintetiche.

A questo punto si apre la seconda triste parentesi del film, fondamentalmente una delle cause del declino: Maurizio Monti è uno dei mattatori del Kinki di Bologna racconta delle feste dalla creatività e stravaganza assoluta dove entri solo se inopportunamente conciato e disposto persino alla promiscuità, il risvolto della medaglia sono stati due effetti fino all’epoca sconosciuti: l’AIDS e la dipendenza da droghe, lo stesso Monti definisce il tutto con una frase molto significativa:

“siamo stati tutti cavie della nostra epoca”

Di musica in questo film ce n’è molta e di gusto vario e trascendente dalla disco alla music, dall’house alla dance, in gran parte sapientemente prodotta e selezionata da EMANUELE MATTE tutta riascoltabile dalla playlist di spotify:

Decennio finale piena epopea anni ’90,  si balla dal Martedì alla Domenica perchè il lunedì era di riposo, si percorrono km da un punto all’altro della penisola sulle autostrade che ancora non conoscono gli autovelox pur di ingoiare in maniera ingorda tutte gli eventi vivibili in una da mezzanotte al tramonto; RADIO DEEJAY è la radio di riferimento, la più innovativa del momento principalmente per merito del DEEJAYTIME. Il mito Flavio Vecchi domina all’ETHOS di Gabicce e ispira un esordiente DJ RALF, nascono così le feste SYNCOPATE, gli after alle PISCINE MARABU esi salta dal MACRILLO di Asiago al MOVIDA di Jesolo, all’EXOGROOVE.  Da Roma in su esisteva un esercito della notte che si muoveva come zombie, qualcuno in sala si trattiene a stento dal commentare ” io c’ero, che matti che eravamo” con tono nostalgico, questi zombie spesso ricorrevano all’ Extasi che da aiutino chimico sconosciuto utile a reggere il ritmo è diventato nemico da cui dipendere come schiavi e col quale nuocere anche alla salute altrui causa delle infinite stragi del sabato sera: il declino è servito – l’italiano medio non scinde l’utile dal pericolo – le associazioni spingono lo stato alle chiusure! Le chiusure , la fine precoce ed inesorabile, proprio quando dall’estero venivano nello stivale per ballare la techno-progressive all’italiana suonata da FRANCESCO FARFA o LEO MAS all’ IMPERIALE guidati dalla voce magica di FRANCHINO.

“Non ho dormito quella notte. Un torrente nel cervello. Uno scroscio nella mente. Una girandola a ruotarmi nella testa. Delle botte sulle tempie. Di continuo. Senza sosta. Forsennato parto di pensieri. Elaborazioni del fantastico. Deviazioni del reale. Trasformazioni del presente.“ —  Isabella Santacroce

Il film è finito, in radio tornando a casa si parla delle riaperture delle discoteche nuovamente rinviate post pandemia e della nuova giusta protesta di #LIBERIDIBALLARE, fra queste quella del superstite COCORICO. Sono soddisfatto dall’aver assistito a testimonianze di altri miti del settore CORRADO RIZZA, PIETRO DEROSSI, BRUNO CASINI, PIERFRANCESCO PACODA, ANDREA OLIVA, LELE SACCHI, GIANCARLO TIROTTI, PAOLO MARTINI, CARLO ANTONELLI, NICONOTE, SABRINA BERTACCINI, SIMONE MERLINI, LORENZO LSP, CLAUDIO ANTONIOLI, MASSIMO GIORGETTI, DEMO CIAVATTI, ANDREA CARNOLI, ALEX NERI, FERRUCCIO BELMONTE, ma mi riesplode la pelle d’oca ripensando alla lunga e significativa testimonianza del compianto CLAUDIO COCCOLUTO. 

Penso che la competenza e la passione di un’icona come CLAUDIO COCCOLUTO oggi aiuterebbe tutti gli appassionati del settore per impostare le basi del rilancio a 360 gradi, lui insegnerebbe la passione e la curiosità della scoperta per differenziarsi ma anche l’arte della gavetta e dell’umiltà come la sua da alterego di MARCO TRANI nelle disco di Roma ad inizio carriera, perciò concludo riportando dal film l’unico spoiler di un tratto della sua testimonianza:

CLAUDIO racconta di una festa al PALAPARTENOPE per l’evento HUMANITY ideato insieme al grande gruppo di ANGELS OF LOVE di NAPOLI, tuttora riferimento per il SudItalia. In chiusura decide di mixare due tracce diametralmente opposte per genere, cantato e melodia: l’effetto sulle prime migliaia di ravers in prima fila schiacciati alle transenne fu così epico e commovente che l’ovazione e gli applausi emozionarono COCCOLUTO che conclude l’aneddoto con la voce rotta dall’emozione a distanza di anni dall’accaduto.
Riprendo il titolo dell’articolo, “mi batte el corazon”: E’ l’emozionalità il messaggio potente che mi porto dal docufilm, potere unico della musica della notte e dell’aggregazione, messaggio che ne farà il film cult per i clubbers di ieri di oggi e di quelli che vorranno crescere col background delle fondamenta da cui tutto è nato!

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