“Chiamatemi Gianlu, io odio chi mi da del lei!”. Con questo spirito da ventenne pieno di entusiasmo difficile da trovare in un cinquantenne qualunque, incontriamo al The Dylan Hotel di Amsterdam, il re indiscusso dei social media, l’uomo più odiato (o invidiato) della dj industry, Gianluca Vacchi.

La locandina del set di Gianluca Vacchi al Mad Fox Club

Mettetevi comodi e silenziate i cellulari per un pò di minuti: sarà una lettura lunga e carica di concetti. Con i suoi discorsi ricchi di metafore e di parafrasi, Gianluca Vacchi ci chiarisce la sua posizione nel mondo della notte, e ci assicura che questo è solo l’inizio. Sono parole da leggere senza avere pregiudizi, ma al contrario, giudicare o farsi un’idea solo dopo aver letto. Farsi un’idea dopo averlo sentito suonare dal vivo (e noi l’abbiamo fatto al Mad Fox Club di Amsterdam durante il suo ADE showcase). Lasciamo stare i commenti che si leggono sui social, e ragioniamo con la nostra testa, per una volta.

Jacopo Casalaspro intervista Gianluca Vacchi

Ecco a voi, mr. Gianluca Vacchi.

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INTERVISTA

Ciao Gianluca, ieri sera ti abbiamo visto al party di Merk e Kremont.

Io li adoro. Li chiamo “i miei kids”. Li supporterò molto, anche se ne hanno poco bisogno.

Per la tua prima produzione li hai scelti come collaboratori. Li conoscevi giá?

No. Per me non importa la storicità della conoscenza, ma l’intensità della stessa. E’ importante che ci sia un approccio e un feeling forte. Io poi sono uno che ha cinquanta anni e ha vissuto sei vite, io annuso le persone dopo venti secondi. Loro hanno un talento enorme, loro sono dei musicisti, che poi possono fare i dj, i producer, ma alla fin fine sono quello. La cosa che mi piacerebbe trasferire a loro è un pò del mio sapere di vita, e anche di marketing. Però sono bravissimi, e con loro lavorerò moltissimo. Abbiamo delle cose che stanno per uscire..

Uscirà quindi qualcos’altro firmato Gianluca Vacchi?

Eee, sì! A brevissimo. Io sono convinto che sarà una bomba.

Di chi é il vocal di “Viento”?

Il vocal è un canto popolare colombiano, simbolo dell’immigrazione degli schiavi dall’Africa alla Colombia. L’abbiamo scoperto su YouTube in un documentario dell’UNESCO. Mi sono innamorato subito di questa cosa perché io sono molto vicino alla cultura latino-americana, essendo mia nonna argentina, e poi perché in quei Paesi ho un sacco di successo. Mi amano veramente alla follia. “Viento” in america-latina è una hit bestiale. Io vengo da un tour in quei posti, e lì è una hit a tutti gli effetti. Passa per radio. 

Hai iniziato a suonare relativamente da poco. Come mai hai “scelto” proprio la musica elettronica?

Guarda, io in realtà non ho uno stile ben definito, non è che suono solo EDM. Io suono quello che fa muovere la gente. Sicuramente non suono hip hop e raggaeton, però posso suonare la deep house, così come posso suonare la big room, la funky groove. Sai, ai giovani di oggi gli devi dare il drop potente se vuoi farli agitare. Io sono un amante del vocal, dell’attesa e del drop. Io divento matto.

Abbiamo visto com’eri scatenato ieri sera.

Ieri mi sono sono limitato molto. Ah, devo dire una cosa, oggi convoco Merk e Kremont perché ieri sera c’erano solo uomini a sentirli. Le uniche due donne le ho attirate io perché mi hanno visto da lontano. E’ stata una scena imbarazzante, c’era una che mi metteva i piedi dappertutto, non so se ve ne siete resi conto. Non è stata una scena bellissima. Comunque, sinceramente, una folla per essere omogenea ed equilibrata come una bella musica, deve avere un pò di momenti di vocal, del drop, ma se tu hai solo dei ragazzi invasati.. Capisci, ci vogliono anche delle donne! Ma per una questione di equilibrio estetico. Mica perché io voglia stuprarle nei bagni. Io son matto ragazzi, aspettatevi di tutto da me.

Domani sera al tuo party ci aspettiamo 90% donne allora.

Non lo so cosa porto, io però penso di essere un brand che garantisce una certa presenza femminile. Il giorno che mi trovo una caserma che alza le mani sul drop, son contento, però forse il sabato dopo vado a fare dell’altro. Io scherzo ragazzi.

Come hai fatto ad entrare cosi prepotentemente nel dj business?

Perché sono il più grande nemico delle convenzioni. Se poi per caso vedo che si alzano delle barriere è come invitarmi proprio a bere. E’ come far vedere il rosso ad un toro. Io voglio spaccare le convenzioni. In Italia l’approccio è stato molto critico nei miei confronti.

Come mai secondo te?

In Italia non è consentito il successo, è una cosa risaputa. Io ho avuto David Guetta che mi ha contattato lui via direct (su Instagram, ndr). Tiësto che mi ha invitato a suonare nel suo radio-show. Sinclar che mi ha accolto a braccia aperte. Ieri sera, dopo i ragazzi (Merk & Kremont), sono andato all’Escape (nota discoteca di Amsterdam, ndr) a salutare Chris (Bob Sinclar, ndr). E’ venuta giù la discoteca, ovviamente. Però da Noi non è così. Io mi sono divertito a Matrix (programma Mediaset, ndr) dove ho detto che “se in Italia si pensa che per fare il dj ci voglia la licenza come per fare il tassista, allora farò l’Uber dei dj”. Non capisco la difesa da dj pride. E’ una cosa assurda. La professione del dj, o meglio la passione del dj, ha un minimo comune denominatore artistico, e in quanto tale non dovrebbe essere soggetto a convenzioni, a restrizioni o a barriere. Fino a prova contraria, se io adesso volessi dipingere un muro e passano cinquanta persone che si fermano a guardare, io sono un artista. Anche se non ho il percorso di sofferenza dell’artista. Perché a me, che ci siano tantissimi dj che non hanno sfondato, non me ne frega una c***o, hai capito? Non è colpa mia, non è colpa mia. Io sono, metaforicamente, uno che fa un disegno su un muro. Se cento persone passano e si fermano a guardare quel disegno lì, poi dall’altra parte c’è il disegno di uno che lo fa da venti anni e non se lo caga nessuno, non è colpa mia. Hai capito? Non so se sono chiaro. In Italia si fa un errore fondamentale. Si pensa che il giudizio sia autoreferenziato, cioè si pensa che siccome uno ha sofferto disegnando venti anni sul muro debba avere un successo. Non è così. Il successo te lo determina la folla. E’ la gente che determina il successo. Perché se arriva uno che non ha mai disegnato fa una cosa lì, e la gente si ferma a guardarlo, tu non ti puoi arrabbiare con lui.

Ma queste persone che si sono arrabbiate con te hanno il coraggio di dirtelo in faccia? Qualche tempo fa era uscita una lettera anonima di questo grande dj italiano che ti aveva accusato. Come mai si nascondono dietro a un dito?

Sai qual è il problema? Io sono lo specchio del loro successo, questa è la verità. Mi dispiace dirlo, perché io sono uno che rispetta il percorso di tutti quanti, però anche il mio in primis deve essere rispettato. Vedi, quello che loro non valutano, sempre utilizzando la metafora del pittore, è che i venti anni passati a disegnare sui muri io li ho già fatti in un altro mondo. Capito? Per cui io ce l’ho comunque nel mio animo quel percorso di sofferenza. L’importante è che tu nella vita abbia qualcosa che ha formato il tuo carattere, il tuo essere. Poi, se quel qualcosa attiene al disegno sul muro o al fatto che di notte andavi a scavare le buche nei cimiteri a cinquanta euro a sera sono affari tuoi. Ma io la sofferenza ce l’ho già perché io ho avuto una vita di un certo tipo fino a quarantacinque/quarantasei anni. Loro devono considerare che questa è la mia seconda vita. Adesso ti dico un’altra cosa. Se il dj che ha scritto la lettera anonima, o quelli che criticano, si vogliono occupare di finanza, io non li ostacolo. Che vengano, si accomodino. Io li aiuto anche, mi metto li a guardare e ti assicuro che li aiuto. Certamente non glielo impedisco. Sarebbe come se io mi arrabbiassi che loro, con i loro risparmi, tendono a voler guadagnare dei soldi attraverso degli strumenti finanziari. E no, voi non ve lo potete permettere perché la finanza è il mio mondo. Ma che c***o vuoi?! Ma non ho capito, fai la tua vita. Rispetta la libertà del prossimo che vuole fare una cosa con passione e impegno. Io lo faccio con grande passione e grande impegno, te lo assicuro. Io ieri sera sono venuto e ho guardato cosa facevano alla consolle i dj che c’erano prima di Fede e Gio (Merk & Kremont). Io non ho mica paura di considerarmi uno studente. Perché si può essere studenti anche a cinquanta anni. Perché il giorno che tu precludi a un uomo che ha avuto già una vita e che ha solo la colpa di avere cinquanta anni – perché se io avessi avuto venticinque anni nessuno mi romperebbe i c*****i – e gli impedisci il libero arbitro di fare quello che vuole della propria vita, fai il più grande errore come esempio nei confronti dei giovani che tu possa fare. Io ho visto questa polemica di questo dj storico italiano che diceva a Guetta che si era appropriato del titolo di dj, ma che invece lui non era un dj.. ma v*******o! Questa è gente nostalgica. E’ come se io domani mattina dicessi che con la telefonia non voglio più avere niente a che fare e vado a telefonare da una cabina telefonica!

Eri mai stato all’ADE prima d’ora?

No è il primo anno. E’ fantastico. Io sono grato alla vita per quello che mi sta facendo vivere. Perché capisci che comunque a cinquanta anni vedere il primo ADE, andare al party di ieri sera dove erano tutti ragazzi, avere comunque un grande apprezzamento da parte loro.. Che poi possa essere ancora non per ragioni prettamente musicali, io lo accetto. Però comunque c’è una sorta di ammirazione. Perché comunque una buona parte di quei ragazzi lì da me traggono qualcosa. Io qualcosa glielo trasmetto. E quindi per me è una grandissima esperienza, sono felicissimo e gratissimo alla vita di fare il primo ADE a cinquanta anni. Spero di fare il primo festival entro i cinquantuno. No anche perché sinceramente se andiamo avanti così mi cala la vista. Voi dovete sapere che io suono con i Pioneer Nexus 2000 e faccio fatica perché vedo poco. Il loop nel 2000 è digitale e io non vedo veramente niente, anche con gli occhiali. Se aspetto ancora un po’ mi viene l’artrosi alle dita. Devo fare veloce. Non vorrei arrivare in consolle col bastone.

Be comunque con la velocità con la quale stai andando non sarà difficile.

Guarda, io ho fatto breccia solo attraverso un grandissimo impegno e una grande capacità di sopportare tutte le critiche. Perché non è così scontato che ti si ribella un mondo contro e vai dritto così. Ti faccio una domanda, quante dj star italiane conosci?

Benny Benassi e Gianluca Vacchi a Miami

Penso a Benny Benassi..

Sai, ti faccio l’esempio di Benny. Lui, prima di conoscerci, mi aveva mandato un direct con scritto “I’m a big fan”. Poi, avevamo un amico comune a Miami, e lui è venuto a casa mia a conoscermi, dicendomi che mi apprezzava moltissimo e spronandomi a continuare a farlo. E’ italiano. Ma probabilmente Benny ha la mentalità più internazionale. Poi è un uomo risolto, soddisfatto. Perché la grande critica origina quando tu non sei soddisfatto di te stesso. Io cosa c’entro con la frustrazione di un dj che son dieci anni che non riesce a sfondare? Ha tutta la mia solidarietà, il mio apprezzamento per la passione e il commitment (impegno) che ci ha messo, ma non è colpa mia. Perché ti devi arrabbiare con me? Tu fatti una domanda, e chiediti perché io sono così celebre. L’equazione è “Gianluca ha i soldi allora pretende di fare il dj”. Non è vero. Intanto devi dire “Gianluca perché ha i soldi?”. Risposta “perchè li ha fatti lui”. Io ho preso la società di famiglia con mio cugino – lascia stare cosa dice la stampa che non sanno niente – che faceva 35 milioni di euro di fatturato. Adesso fa 1.5 miliardi di euro e vale 3.3 miliardi in borsa. E l’abbiamo fatto io e mio cugino. A ventinove anni gli ho detto, con grande senso etico, “Alberto io non sono capace di fare il manager, stai qua tu, io faccio l’azionista”. E poi ho fatto del private equity, cioè compravo e rivendevo aziende, dopo averle ristrutturate. Ho avuto aziende in dodici settori diversi. Poi ad un certo punto, a quarantasei anni, essendo io un uomo abbastanza risolto dal punto di vista economico e professionale, mi son detto “questa vita non ha più nulla da insegnarmi”. Perchè non sono interessato ad accumulare soldi, ma al contrario accumulare momenti felici. Dato che mi ero reso conto che non riuscivo più a parlare con nessuno, perchè quelle volte che mi trovavo ad un tavolo c’era gente che parlava solo con questi strumenti qua (indica lo smartphone), ho voluto capire perché stavano cambiando le convenzioni di dialogo. E lì ho capito che potevo diventare quello che oggi mi definisco, un “global entertaiment”.

Però, scusa se posso permettermi, te essendo influencer sei il primo ad usare questi mezzi.

Certo che io li utilizzo. Io ho studiato come utilizzarli. Perché scusami, è come se domani mattina un’entità superiore inserisse nel Mondo un nuovo linguaggio. Ovviamente tu lo impari per usarlo, per avere una proprietà di linguaggio di un certo tipo, un lessico un po’ forbito. Quindi è normale. Io guardavo. E mi son detto “aspetta un attimo, siccome il Mondo fra un pò funzionerà solo così, impariamo e diventiamo dei comunicatori su queste nuove piattaforme di intrattenimento”. E anche lì, devono stare muti, perché io quando ho fatto il primo balletto sapevo esattamente che dietro di me si chiudeva la saracinesca del mondo convenzionale, che cominciava a dire “guarda Vacchi è diventato cretino, la famiglia non lo vuole più vedere, è diventato completamente scemo”. Io andavo avanti. Io sapevo che sarei diventato quello che sono ora. Loro pensano che io abbia successo solo per i balletti, ma è una stronzata, perché il balletto è uno spicchio di una cosa rotonda. Quando avevo cinquanta mila follower facevo i balli, mi prendevo le offese, ma sapevo che sarei arrivato quà. Oggi se vieni in Sud America, in Russia.. Io sono stato a vedere Colombia-Paraguay. Sono stato ricevuto dal Presidente della Repubblica.

Tuo cugino cosa ne pensa di questa tua nuova “strada”?

Mio cugino mi stima moltissimo. Be, comunque abbiamo fatto affari insieme da una vita. Sa come sono fatto. Io ho sempre avuto un coraggio della madonna, quando c’era da fare un investimento che indicava un rischio dove alla notte non dormivi. Fare l’azionista o l’imprenditore non vuol dire sedersi su una scrivania e decidere una cosa piuttosto che un’altra. Vuol dire sopportare il rischio. Io sono il più grande sopportatore di rischio che tu possa conoscere. Credimi, anche mettersi davanti al mondo dei dj, anche solo mettersi davanti alla folla di ragazzi che c’era ieri, ci vuole coraggio per un uomo di cinquanta anni. Io da qualche haters ho preso anche delle birre in faccia.

Hai mai reagito?

No, non ho fatto una piega. Basta che non mi tirino dell’acido. La birra cosa vuoi che sia.. Però me la son presa. Perché uno su cento che me la tira può esserci. Però mio cugino mi stima perché comunque capisce che cambiare vita ed esporsi così all’età che ho ci vuol coraggio. Tutti quanti banalizzano, “perchè lui ha i soldi”. Non è così. Non è così, non c’entrano i soldi. C’è gente che mi copre di soldi nel Mondo. Non sono i soldi. Sono le vibrazioni che trasmetti alla gente. Poi, certo, i soldi sono un veicolo importantissimo perché mi danno la possibilità di avere degli oggetti di qualità, e i ragazzi ambiscono ad avere degli oggetti di qualità, ad essere famosi, ad avere delle belle donne. Certo, sono tutte cose che aiutano. Ma dietro c’è la zucca, c’è il carisma. Poi io ho vissuto due vite e le ho vissute da protagonista. Nella vita che sto facendo adesso – lascia stare il mondo dei dj – comunque a livello di celebrities io sono il ventisettesimo al mondo per engadgement, sui social media. Accomodati, prova anche te.

Un meme di Vacchi al numero 1 della Dj Mag Top 100

Nella Top 100 ci sarai? (l’intervista è stata fatta il giorno prima della proclamazione, ndr)

Bo, non lo so. Quest’anno sicuro no. Faccio una scommessa, l’anno prossimo sicuro. So che è stato un gesto di presunzione candidarsi quest’anno. Lo capisco benissimo. Però, se ci sarò è perché mi avrà votato qualcuno. E non ti puoi arrabbiare con me. O pensi che tutti siano cretini, pensi che 11.3 milioni siano stupidi. Oppure bisogna che ti fai domande su te stesso. Non che rivolgi su di me le tue frustrazioni, come quello che ha scritto la lettera anonima.

Fai un appello, fai uscire questo dj.

Ma perché devo perdere tempo? Devo essere concentrato a dare delle vibrazioni a voi, mica a trovare il mio hater. Tanto si fa del male da solo. Pensa la frustrazione di scrivere una lettera anonima. Io sono uno che non si mette in maschera perché non voglio nascondermi la faccia neanche un’ora, figurati se voglio scrivere una lettera anonima. Ma dai.

Gianlu, in bocca al lupo! E grazie a The Media Nanny per la concessione dell’intervista.

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About Jacopo Casalaspro

Architetto di giorno, esploratore della club culture di notte. Appassionato di musica elettronica, radio e music-travelling, puoi trovare piccoli stralci della mia vita sul mio Instagram @djacopo93 In the place to be!

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