In questa puntata della nostra rubrica 6Shots abbiamo avuto il piacere di avere con noi LA Vision, il cui singolo di debutto “Hollywood” con Gigi D’Agostino ha già raccolto 3 dischi di platino, 1 disco d’oro e oltre 100 milioni di plays su Spotify.
All’anagrafe Marco Sissa, l’alter ego di LA Vision non è una faccia nuova nel panorama musicale italiano: da oltre 10 anni il suo nome è legato a innumerevoli hit come produttore e songwriter per artisti come Benji & Fede, Roshelle, Merk & Kremont, Il Pagante e Fabio Rovazzi. LA Vision è il suo ultimo progetto: sonorità fine anni 90 per dare nuova vita a una italodance con cui vuole finalmente mettersi in luce in prima persona; ecco la nostra intervista.

Stefano: Ciao Marco, in primis volevo chiederti il come è nato questo nuovo progetto? Da Sissa a LA Vision il passo sembra bello lungo; cosa ti ha portato a questa scelta di carriera e alla creazione di “Hollywood”?

LA Vision: Da fuori sembra sicuramente un bel salto, internamente il passo è stato un po’ più breve; erano anni che pensavo a come sviluppare il mio sound e a mettermi al centro di un progetto mio, fare il produttore è stata una finestra felicissima ma ero volenteroso di cimentarmi in prima persona, essere un portavoce de miei brani.
Circa 4 anni fa ho cominciato una ricerca musicale che è convoluta in tanti brani per altrettanti artisti esteri con un profilo simile a quello che poi è diventato LA Vision, alla fine di questo percorso però sentivo di non riuscire a raccontare agli artisti quello che poi sarei riuscito a esprimere con “Hollywood”, canzone che tralaltro avevo inizialmente proposto a Dynoro, alla fine non era andata in porto e ho deciso di firmarla personalmente come LA Vision, essere libero e padrone della mia “visione” musicale.
In Hollywood sono confluiti anni e anni di quella che è la mia nostalgia per quei suoni e ricordi, una certa malinconia per gli anni 90 e quelle sonorità, non è la cassa o il basso che fanno la canzone, ma il feeling che trasmette. E’ stata anche una scelta, non forzata ma intelligente, di riprendere un genere che l’italia ha fatto grande nella fine degli anni 90/inizio 2000 e cercare di riportarlo in auge.

 

Stefano: E adesso dove vuoi arrivare con questo progetto? Come sarà il follow-up di Hollywood dopo il successo che ha ottenuto?

LA Vision: Lanciare il progetto con Gigi, che ringrazierò sempre per aver lavorato con me, è stato un marchio di garanzia per una “connessione” tra queste due generazioni. Il progetto nasce, più che con un “sound” preciso, principalmente come fascinazione di ricordi, dove potermi esprimere e fare un tuffo nel passato nei primi momenti in cui sono stato contaminato dalla musica house e dance, Hollywood fa parte di una mia personale serie di racconti che ho scritto di questa ragazza dell’est Europa che nel 1999 si sposta a LA per cercare successo come attrice, da qui la canzone che parla di sogni infranti. Ci sono tanti altri capitoli di questa storia che voglio rilasciare un po’ alla volta; più va avanti la linea temporale e più la storia della protagonista va avanti con lei man mano che gli anni passano nel racconto, evolvendo anche la “soundtrack”
Tra 3 o 4 brani vorrei iniziare a virare nel mio percorso, svincolarmi dal sound e cercare di diventare un artista a tutto tondo, più performer che dj, che scrive e produce i propri brani, un approccio alla Calvin Harris diciamo.
Questo progetto nasce come una punta di orgoglio per vedere fino a dove io, come Marco Sissa, riesco ad arrivare con la mia esperienza e il mio talento come LA Vision, esprimendo al 100% quello che voglio fare. Un piccolo spoiler: prossimi due brani che seguiranno Hollywood saranno due collaborazioni, il primo con YouNotUs, un duo tedesco molto forte, mentre il secondo con R3hab.

Stefano: Parliamo ora di Los Angeles: cosa ti lega a questa città tanto da averla inclusa nel tuo nuovo moniker?

LA Vision: Sono da sempre connesso a LA, sin dal mio primo viaggio negli USA. Eravamo andati al The Village per registrare con Aloe Blacc, fresco di Wake me Up con Avicii e ho avuto l’opportunità di conoscere un’altra realtà del music business a cui non ero abituato qui in Italia che mi ha profondamente segnato a livello artistico. All’inizio il progetto doveva chiamarsi “The Vision”, ma il nome era già in uso da degli inglesi che stampavano su Defected Records, coincidentalmente avevo iniziato a scrivere Hollywood e una serie di racconti che aveva proprio Los Angeles come sfondo, da lì su consiglio del mio manager ho deciso per tenermi la città anche nel nome, oltre che nel cuore.

Stefano: Dopo aver collaborato con moltissimi esponenti della scena pop e dance italiana, come vedi adesso la scena mainstream dance nel nostro paese? Pensi che per esprimersi abbia bisogno di appoggiarsi ad artisti già affermati per poter portare un nuovo sound in radio, col rischio di “annacquare” il prodotto, o pensi che possa in futuro ritagliarsi una fetta più ampia nel mercato, come successo in altri paesi europei?

LA Vision: Questo è il grande dilemma della nostra generazione, qua in Italia abbiamo avuto un approccio più nazional-popolare negli ultimi anni, non c’è stato il terreno fertile per poter creare un movimento come ne abbiamo visti in Svezia, UK o Germania, anche perchè comunque i media classici che abbiamo non aiutano a supportare certe sonorità (anche vincenti, come ad esempio le mie produzioni con Merk e Kremont). Con Rovazzi è stata una challenge più simpatica, un Pagante con contaminazioni bass house, le radio hanno cominciato a passarlo solo quando era già il n.1 su ogni piattaforma, come se fossero stati costretti dai propri figli. Non per forza però vedo come un difetto la voglia inserire certi generi nella musica mainstream: sin dagli albori il sampling di brani più famosi è stato parte integrante della storia della dance, ora si stanno solo rimescolando le carte. Da Guetta in poi la dance è stata sdoganata, non si può più far finta che non esista. Vedo comunque che la situazione negli ultimi 10 anni è cambiata in meglio, i giovani italiani si stanno allineando sempre più alla mentalità Europea.

Stefano: Ci sono altri nomi italiani con cui vorresti collaborare dopo Gigi?

LA Vision: Io di base sono una persona molto disponibile e aperta a collaborare con chiunque me lo proponga. Non sono mai stato uno di quelli che fa nomi particolari perchè credo che ci sia una musica nascosta in ognuno di noi, pronta da tirare fuori, non mi dispiacerebbe inciampare in qualche nuovo giovane progetto particolare. Come nomi già affermati invece, chiaramente i Meduza, che conosco da una vita, anche se i nostri sound non sono proprio simili; più verosimilmente magari con Gabry Ponte, che ha sonorità più sovrapponibili e, come Gigi, è un altro peso massimo del genere; non mi dispiacerebbe lavorare con lui a una Hollywood 2.0 magari

Stefano: Hai in programma qualche residency o festival per questa estate?

LA Vision: Ti dirò, da quando ho iniziato con questo nuovo progetto non sono stato fermo un secondo, la paura di non avere abbastanza materiale mio per esibirmi ha fatto passare tutto in secondo piano. Sono rimasto incastrato in questo tunnel di scrittura e produzione e non ho dedicato nessuna energia o attenzione ad altro, ora paradossalmente ho quasi abbastanza materiale per un album. Adesso, con le riaperture, comincerò a ragionare, cercando magari di offrire una performance live a tutto tondo, considerato che in molte mie canzoni sono io a cantare il vocal, come ad esempio in Hollywood dove la mia voce è stata pitchata per dare un tono più femminile.

 

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