Presentata al grande pubblico da poche settimane, la nuova produzione inedita di Rudeejay “Under The Same Sky” sta già regalando al dj/produttore bolognese grandi soddisfazioni.
Perchè parlare di produzione “inedita”?! Per gli addetti al circuito, e non, Rudeejay è (possiamo dirlo) sinonimo di mashup, e grazie a questa tecnica di mixaggio si è di fatto creato un nome, diventando di ispirazione a molti suoi colleghi, che utilizzano nei loro set i suoi rework.
Ma i più attenti sanno anche che da qualche anno il giovane producer si è lanciato in produzioni proprie, e questa, che presenta alla libreria Open di Milano, è una di queste.
“Under The Same Sky” è la terza produzione in collaborazione con la cantautrice Lili, che esce allo scoperto mostrandosi nel video che accompagna la canzone. E’ una canzone autobiografica, infatti l’idea del testo nasce proprio dalla relazione a distanza che sta vivendo Lili. Arrangiata e scritta musicalmente da Rudeejay, per questa sua nuova produzione utilizza un mix di generi che hanno caratterizzato la musica “da ballo” di questi ultimi anni.
Nell’EP del brano compare anche la versione firmata da Angemi, suo grande amico, che ha collaborato spesso con lui in questi ultimi anni.
Vi invitiamo ad ascoltarla e vederla, nel frattempo questa è la chiacchierata che abbiamo avuto modo di fare con lui.
Stream / Download: umi.lnk.to/UTSSKY
INTERVISTA:
Raccontaci del brano. Come mai hai scelto la “chiave” tropical house?
In realtà il brano non è solo tropical house ma prende tutto, c’è un pò tutto quello che ha lasciato il segno in questi anni. L’obiettivo principale di tutte le mie produzioni è sempre stato quello di non fare il “tarocco di”. E’ quello che accade spesso, soprattutto in Italia: funziona un suono, tutti gli vanno dietro. Ora tutti dischi future bass, come due anni fa tutti future house. Ho sempre cercato di creare qualcosa di mio che ovviamente suonasse, che fosse orecchiabile anche se non troppo rivoluzionario. “Under The Same Sky” prende la tropical, ma anche la deep, la garage, la pop/dance. Secondo me la corrente più interessante di questi ultimi anni è stata quella creata dai Disclosure. Se vai nel mio settore loro non c’entrano nulla, ma rimangono tuttora la mia band preferita.
Il video è molto curato. Secondo te, in percentuali il successo di un brano quanto è dato dal singolo pezzo e quanto dal video?
Tutto dal video! Guarda solo l’esempio di Rovazzi, prova ad ascoltare un suo pezzo senza vedere le figate che fa vedere. Sarebbe un ascolto molto diverso. In “Under The Same Sky”, a differenza dei miei precedenti video, non abbiamo raccontato una storia, ma abbiamo voluto sviluppare il ruolo che ha il dj nei confronti del musicista e della realizzazione del brano. Sono d’accordo nel dire che il dj non suona, ma mette dischi. Non per questo la sua figura all’interno di uno studio di registrazione è meno importante degli altri.
Rudeejay, il tuo nome è diciamolo, sinonimo di mashup. Da cosa nasce l’idea di fare mashup di “mestiere”? Qual è stato il tuo primo mashup?
Molti non lo sanno neanche che faccio dischi ma che faccio solo mashup! Il mio primo mashup lo feci nel 2003 con i cdj, fuori tonalità, molto artigianale. C’era la acapella de “L’Amour Tojours” sulla base dell’intro di “Silence”, entrambi di Gigi D’Agostino. Per far “digerire” al pubblico una canzone nuova le ho messo sopra una voce conosciuta, ed è stata una formula vincente! Fare i mashup mi ha sempre permesso di mettere dischi che senza una acapella forte non avrei mai potuto mettere. In più è stato un modo per differenziarmi dal resto dei miei colleghi.
Come hai conosciuto Angemi?
Con Angemi ci conoscevamo tramite web. Entrambi facevamo bootleg e rework. Due anni fa, era pronto per essere pubblicato il mio mashup con Marvin “Fatti avanti Pressure” (con la acapella di Nek e la base di Alesso, ndr) quando Angemi rilascia la stessa idea sul suo canale. Lì le opzioni erano due: o ci facevamo la guerra come avviene spesso in Italia o potevamo fare squadra. Alchè lo chiamo, gli faccio sentire la mia versione e gli propongo di fare un remash dei due lavori. Abbiamo dato per una volta il buon esempio agli altri, e da lì è nata una splendida amicizia ricca di collaborazioni. L’anno scorso feci un mashup con i DaBrozz con “Faded” e “Calling” (di Alan Walker e Sebastian Ingrosso e Alesso rispettivamente, ndr), Angemi ci mise su la acapella dei Coldplay e lo suonò al Tomorrowland, scatenando una curiosità pazzesca intorno agli addetti ai lavori. Quando lo scorso inverno gli feci ascoltare in anteprima questo pezzo, gli piacque al punto di voler fare un remix. In anteprima vi dico che il suo remix sarà la colonna sonora dello spot dell’agenda BE-U della Giochi Preziosi.
Hai sempre fatto mashup, fino ad un certo punto della tua carriera.. Poi, che cos’è scattato?
E’ scattata semplicemente una necessità. Io ho sempre pensato che la musica vada prodotta e creata da zero. Molti mi etichettavano come “quello che fa i mashup”, e questo è controproducente per un artista, perchè i mashup sono solo una nicchia nel mondo della musica. Certo, continuo a farli perchè riconosco che sono un punto di riferimento per i miei colleghi al punto che le versioni originali vengono “scavalcate” dalle mie. E’ giusto anche essere presenti sul mercato e far capire che sappiamo fare anche altro.
Con che nome ti piacerebbe collaborare per una tua produzione?
Con tutti! Ti dicevo prima i Disclosure, ma fanno un genere musicale lontanissimo dal mio. Le collaborazioni più belle sono quelle nate per caso. L’ultima è stata quella con Gabry Ponte: avevo fatto un mashup di “Che ne sanno i 2000” e luì mi contattò mandandomi la acapella originale e facendo ricantare a Danti delle parti della canzone. Quando prima ti dicevo che ho iniziato nel 2003 a fare i mashup, mai avrei creduto che un giorno lavorassi con lui.
Fai parte del booking di Alberto Gobbi. Che rapporto hai con lui?
Con Alberto ho dei rapporti splendidi. Negli anni abbiamo avuto modo di conoscerci dal punto di vista umano e non solo lavorativo. Alberto è una sorta di Re Mida nel nostro settore: quando lui decide di prendere un artista in agenzia, automaticamente succedono delle cose incredibili. Anche per me è stato così. Il 1° gennaio 2015 sono entrato nella sua squadra, a luglio del 2015 ho aperto il concerto di Lorenzo Jovanotti. Non me lo sarei mai aspettato in tutta la vita!
Pezzo più bello della storia?
“Halcyon On and On” di Orbital. E’ del 1994, genere elettronico dalla durata di 9 minuti e 29 secondi. E’ il brano col quale ho chiuso il mio dj set al concerto di Jovanotti.
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Architetto di giorno, esploratore della club culture di notte. Appassionato di musica elettronica, radio e music-travelling, puoi trovare piccoli stralci della mia vita sul mio Instagram @djacopo93
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