Rich Meyer è un ragazzo come molti all’apparenza, romano, classe 1996, alla mano e disponibile, ma che nasconde dentro di sé un talento raro, sospinto da un’ambizione capace di muovere le montagne.

Nel 2015 escono le prime tracce sotto suo nome e da lì è solo un crescendo: insieme alla crew Young Minds e ai suoi membri Nomercy Blake, Noone e Cyrus Yung comincia a sfornare  una release dietro l’altra, 4 singoli solo l’anno scorso e un 2019 che si è aperto con l’uscita di “The Things I’d Say”.

 

Esce oggi  “Blue Fantasy” , ultimo tassello e nuovo inizio, questa volta sotto Nameless Records, . Una ballata pop freschissima, un timbro vocale inconfondibile, un testo malinconico in cui traspare il buio interiore dell’artista e una produzione, a cura di Fallen, che suona moderna e radio friendly, subito entrata in New Music Friday Italia su Spotify.

Per l’occasione siamo riusciti a fare due chiacchiere con Rich Meyer, tra passato, presente e futuro :

Raccontaci di Blue Fantasy, il tuo ultimo brano.

R: Su Blue Fantasy ci sto lavorando oramai da quasi 9 mesi, è un pezzo molto personale, parla di questo blu, questa malinconia che ho dentro e nella quale rischio di affogare, nella speranza di poter tornare in superficie.
Credo moltissimo in questo brano e spero di poter trasmettere queste mie sensazioni di cui canto anche all’ascoltatore.
Lo stile è molto fresco, molto 2019, non è la solita roba pop da radio col solito drop.

 

Che differenza c’è tra il rilasciare brani da indipendente e lo stare sotto un’etichetta come Nameless Records?

R: Negli ultimi tempi sto imparando che dietro ogni canzone non c’è solo la musica, è una questione di personaggio, di saper curare ogni mossa sui social, di gestire il proprio feed su Instagram, prima non ci facevo troppo caso. Sto scoprendo il business dietro a ogni release e spero che questo aiuti a portare Blue Fantasy a più orecchie possibili anche se alla base di tutto spero sia la mia musica a spaccare, prima che il mio personaggio.

Dove ti vedi tra 5 anni?

R: Spero di riuscire a trasferirmi negli USA e portare avanti la mia carriera da lì insieme alla mia crew.
The Things I’d Say ad esempio è venuta alla luce mentre eravamo a Los Angeles, con uno studio portatile.
Abbiamo beccato Post Malone a Roma, al tempo era appena uscito Stoney, e lui e il suo manager ci hanno consigliato di venire in California per proseguire la produzione del pezzo, che aveva sonorità più americane che europee.
Milano potrebbe essere una tappa intermedia, essendo più aperta mentalmente di Roma, ma Los Angeles penso sia il posto migliore per il percorso che sto facendo e spero che tra 5 anni Rich Meyer sia già riuscito, con la sua musica, a cambiare il cuore di molte persone.

Perchè questa scelta di cantare in inglese?

R: Cantare in inglese è un’arma a doppio taglio, certo ti aiuta a raggiungere più persone essendo una lingua oramai universale, ma in Italia è forse più difficile sfondare con questa mentalità.
A 14 anni mia madre mi fece fare un mese di corso intensivo di Inglese in Scozia, lì ho imparato la lingua e in seguito, anche grazie a cartoni e serie tv, ho imparato gli accenti e i vari modi di dire che non ti insegnano a scuola.
So cantare e rappare in italiano, certo, ma penso che il mio timbro vocale sia più adatto all’inglese.

 

Parlaci del rapporto che hai con gli altri membri di Young Minds e con Fallen.

R: Ci conosciamo da quando siamo ragazzi, Noone e Fallen mi aiutano molto con le produzioni, olte a conoscerci personalmente abbiamo anche una affinità musicale, riuscendo a far entrare in sintonia la mia voce con le loro basi . Ci supportiamo a vicenda dal giorno uno e abbiamo tutti lo stesso obiettivo: sfondare con la nostra musica.