Nel 2016 nasceva Nameless Records, etichetta collegata all’omonimo festival, un progetto ambizioso nato dalla collaborazione con Universal Music Italia e partorito dalle menti di Federico Cirillo (gia A&R di Universal Italia) e Alberto Fumagalli (CEO di ANight e Fondatore di Nameless Music Festival) e che si proponeva come mezzo per valorizzare i migliori artisti italiani.
Dopo le iniziali release, il primo grande progetto fu Hype on This vol.1, un album che racchiudeva la quintessenza della giovane leva elettronica italiana e che lanciava allo stesso tempo produttori come Marble, Not for Us, PRZI e SLVR.
A due anni dal primo, esce Hype on This vol.2: la dimostrazione evidente che l’Italia non è solo musica da giostra e Nameless Records lo sa bene.

Hype on This vol.2  è un punto di arrivo di un piano studiato nei minimi dettagli in cui gli artisti coinvolti sono solo la punta dell’iceberg di un disegno ben più grande che coinvolge in primo luogo un team di altrettanto giovani e capaci A&R che minuziosamente ricercano sul suolo italiano le migliori gemme nascoste tra i “bedroom producers” aiutandoli ad esprimere al meglio il loro talento.

I due EP rilasciati che compongono l’opera, uno con copertina bianca e uno con copertina rossa, entrambi disegnati da MOAB Villain (già autore delle cover art di Migos, Lazza, Laioung e Salmo, giusto per citare qualche nome), si distinguono per diverse concezioni sonore.
Mentre la White version propone tracce più impegnate, tra le quali troviamo vecchie conoscenze, oramai sinonimo di qualità, come Not for Us (I Feel Bad) e FAITH (Simon) e new entry del vivaio Nameless Records come i giovanissimi KIDO (già autore di un remix ufficiale per Young Franco) e Banter, nella Red version si lascia spazio a brani più orientati verso la bass music da club, come Lockdown dell’ormai navigato SLVR e Platypus del newcomer Nextars.

Hype on This vol.2  non è semplicemente una compilation di brani: racchiude quello che l’elettronica italiana è in potenza, una potenza capace di rivaleggiare ad armi pari con i migliori talenti europei e non solo e delinea e riconferma la linea di pensiero di Nameless Records, puntare tutto sulla qualità made in Italy senza compromessi.

In occasione della release abbiamo fatto due chiacchiere con due delle menti dietro tutto questo, Emanuele Pino ed Ebenezer Osei, entrambi A&R di Universal Music Italia e Nameless Records che hanno seguito il progetto e gli artisti sin dal principio.

Perché nasce Hype on This? Qual è il suo obiettivo?
Pino:
Hype On This nasce dall’esigenza di porre, sul piano nazionale, un nuovo standard, un nuovo punto di partenza nonché un capitolo fondamentale per quanto riguarda la musica elettronica.
Non soltanto proponendo artisti di talento, ma posizionandoli in un contesto comune, in grado di coinvolgere l’ascoltatore quanto consentendogli di scoprire nuovi artisti, nuove tendenze, nuove sonorità.
Osei: Nasce dalla necessità di avere una figura a livello nazionale che raduni alcuni tra gli artisti più promettenti della scena musicale italiana con lo scopo di introdurli e/o promuoverli in italia e all’estero.

Perché avete deciso di dividere il tutto in due album con due copertine?
Pino: Credo che scoprendolo si possa intuire facilmente il motivo. Ogni lato risulta essere il reciproco aspetto del medesimo contesto elettronico in cui Nameless Records si colloca, ciò consente di valorizzare le varie produzioni di cui consta questa “doppia” compilation.

Come trovate e selezionate i talenti che inserite poi nella compilation?
Pino: Il percorso di scouting credo sia una delle realtà più eterogenee a cui il mondo del web ci ha sottoposto e credo abbia sottoposto qualunque label. Oramai i mezzi per mettersi in contatto con le più disparate realtà all’interno dell’ambiente musicale sono molteplici, allo stesso modo quelli con cui “fare ricerca”. Non credo si abbia una griglia di valutazione nel selezionare i talenti che hanno lavorato ad Hype On This Vol.2, ci si consulta l’un l’altro e si valutano una serie di fattori. Nulla di occulto, sia chiaro, ma come detto poc’anzi non possiamo avvalerci di uno schema rigido nel valutare un brano ed il relativo artista.
Osei: Lo scouting avviene con tutti i mezzi che il web offre, dalla classica ma sempre più accantonata demo submission passando per tutti i vari social finendo con i sempre più apprezzati servizi musicali digitali che spesso ci permettono di avere una visione più chiara ed immediata del profilo di un artista.

Quanto è complesso lavorare e seguire questi giovani da tutta Italia?
Pino: Sa essere complesso, nell’insieme si è geograficamente ubicati agli angoli più remoti dello stivale e bisogna considerare l’età anagrafica di alcuni di essi. Quando si parla di nuove leve io parlo di ragazzi molto giovani e questo sa essere talvolta un impedimento, diciamo che grazie alla tecnologia riusciamo ad accorciare le distanze, ecco.
Osei: È parecchio difficile, non tanto per un ostacolo a livello comunicativo causato dalla loro dispersione geografica ma perché dobbiamo seguire artisti formati su esperienze e stili differenti.

In cosa è diverso questo Vol.2 dal primo uscito nel 2016? Cosa è cambiato da allora?
Pino: Chiedere cosa non è cambiato credo sia la domanda migliore. Il mondo elettronico, ma il mondo in generale, è cambiato in davvero molti aspetti dal 2016 ad oggi, e Nameless Records è cambiata a sua volta. Mettendomi dalla parte dell’ascoltatore posso affermare con certezza che si è passati da una compilation con le proprie sfumature prettamente EDM ad una che guarda a ben altri lidi, interprete dell’evoluzione musicale a cui stiamo assistendo.
Osei: Dal 2016 ad oggi sono cambiate tantissime cose, ora gli artisti hanno più mezzi per far conoscere la loro musica ed il mercato discografico che è sempre in continua e rapida evoluzione vede sotto occhi diversi la sperimentazione e nell’artista ricerca più originalità.

Pensate che l’Italia e la scena elettronica attuale sia pronta per Hype On This?
Pino: Io credo che l’Italia, musicalmente parlando, debba necessariamente farsi trovare pronta, perché credo che a livello internazionale si è pronti, talvolta a livello nazionale si tende ad inseguire soltanto ciò che arriva da altrove. Al di là di questo io credo che Hype On This voglia anticipare ed anticipi i tempi.
Osei: Penso che molte persone italiane si siano limitate per anni ad ascoltare troppo spesso solo ciò che i social e certi media gli proponevano mettendo da parte la curiosità. Io vedo molto positivamente i servizi di streaming musicali perché se usati correttamente permettono a chiunque di ascoltare ogni giorno nuova musica e grazie ad essi i tempi del “Non riesco a trovare nulla di decente da ascoltare” almeno per me sono finiti da un pezzo.

Qual è il brano che più ritenete speciale dei due dischi?
Pino: Personalmente mi trovo impossibilitato a rispondere con lucidità ad una domanda di questo tipo. Ho sempre creduto che non esista ad esempio un brano preferito, esiste quello che più ci rappresenta in un determinato periodo, ma la musica è troppo vasta per dirlo. Ci sono brani a cui sono più affezionato ed altri che sento meno “miei”, credo che la compilation sia speciale e di conseguenza tutti i brani siano tali. “I Feel Bad” di Not For Us è un brano che ho davvero in loop su Spotify.
Osei: Non ho un brano preferito, per me sono tutti importanti ed ogni volta che penso vorrei avere già a disposizione il brano successivo di ogni artista per poter ascoltare la sua crescita professionale.

State programmando in cantiere anche un Hype on This vol.3?
Pino: Non mi espongo, anche perché annunciarlo ora creerebbe troppo hype on this.
Osei: Lo spero vivamente ma trovo prematuro affermarlo così presto.